Carnevale

Almeno un giorno all’anno bisogna rinnovarsi, sovvertire, mutare forma, liberarsi temporaneamente dalla verità e dall’ordine sociale esistente per poter riprendere il cammino. Per questo, forse, le sue origini sono molto antiche: dalle feste dionisiache greche ai saturnalia o ai baccanali romani in cui la maschera, il travestimento nasconde non solo l’identità ma, spesso, un profondo simbolismo apotropaico.

Jacques Callot (1592-1635), Balli di Sfessania.

Jacques Callot (1592-1635), Balli di Sfessania.

Per dirla con Bachtin durante il carnevale si ha l’abolizione provvisoria dei rapporti gerarchici, dei privilegi, delle regole e dei tabù. In questo senso dunque è la più autentica delle feste del divenire che si oppone a ogni perpetuazione, a ogni fine volgendo il proprio sguardo a un avvenire incompiuto.

Il riso, gli scherzi, il grottesco e la satira sporcata spesso da un linguaggio grossolano e da facili doppi sensi, che richiamano la centralità delle funzioni corporali come il mangiare e il sesso, diventano così strumenti insostituibili di un rovesciamento positivo, rigeneratore, creatore per una visione più sana del mondo.

Travestitevi dunque, cantate, fate scherzi e dite parolacce, sovvertite l’ordine precostituito almeno in questo periodo dell’anno. Ridete di tutto e di voi stessi, liberatevi, ballate fino a sfinirvi come per liberarvi dal veleno della taranta.

 

 

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